La chiesa scomparsa del Convento

convento 01Occupandosi di storia locale è facile imbattersi in monumenti o memorie che, quando esistevano, avevano un ruolo di notevole impatto sulla società e la cultura del loro paese, ma poi nel corso dei secoli sono caduti progressivamente in disuso e in oblio, fino a essere cancellati dalle fondamenta. In questi casi può essere davvero elettrizzante la possibilità, con qualche soccorso documentario, di ricostruire virtualmente la struttura o almeno un dettaglio di quei luoghi che ormai sembrano ed effettivamente sono scomparsi per sempre dalla nostra memoria. Un caso del genere accade per il soppresso Convento degli Amadeiti, poi dei Minori Osservanti di Quinzano.

Sul numero di marzo-aprile 2022 del bollettino parrocchiale La Pieve vengono brevemente elencati alcuni quadri di soggetto francescano presenti nelle chiese del paese, che certamente provengono da quel distrutto cenobio. Una sola correzione merita quanto è scritto sul dipinto oggi collocato sopra la porta laterale sinistra della chiesa di San Rocco, che per le modeste dimensioni e la distanza, viene erroneamente identificato come raffigurante "I Martiri francescani del Giappone". In realtà si tratta di un quadretto di devozione personale, commissionato tra '500 e '600 da Giovanni Pizzoni (di cui compare lo stemma e forse il ritratto) sul tema dei "Santi Diecimila crocifissi del monte Ararat", donato per testamento alle Dimesse di Quinzano, e dopo la loro scomparsa, trasferito nella sede, invero un po' inadeguata, in cui si trova (su di esso si può leggere un articolo dettagliato in questo sito).

Per il resto, è vero che quasi tutti i quadri di tema francescano presenti nelle chiese quinzanesi provengono dalla grande chiesa del Convento, fondato nel 1467 dal beato portoghese Amadeo Menez de Silva (1420?-1482), e passato poi dal secondo '500 agli Osservanti, che vi tennero un noviziato della provincia di Lombardia, fino alla soppressione napoleonica del 1810 e la conseguente vendita e distruzione dalle fondamenta di tutti gli edifici. Dell'ampio complesso conventuale non rimangono ormai più che il ricordo nel nome dell'attuale cascina "Convento", e una raffigurazione piuttosto fedele nel chiostro medio del convento di San Giuseppe in Brescia.

L'interno della chiesa

La chiesa, intitolata a Santa Maria delle Grazie e festeggiata con una fiera il 25 marzo, da una planimetria del 1805 appare di notevoli dimensioni: poco meno di 50 metri di lunghezza per quasi 25 di larghezza, all'incirca quanto la superficie dell'odierna chiesa parrocchiale di San Faustino. Al suo interno possedeva, all'atto della soppressione, oltre alla cappella maggiore, sei altari laterali, di cui siamo informati dall' "Inventario ed estimo dei mobili arredi sacri ritrovati nel Convento della Chiesa dei Minori Osservanti di Santa Maria di Quinzano", steso il 30 luglio 1805 in vista dell'alienazione dell'immobile (Boselli 1960). Lo riportiamo qui, svolgendone le abbreviazioni: 

Nel Coro La Pala rappresentante L'Annunciazione di Maria
Due Ovati rappresentanti due Evangelisti
Cappella di San Francesco: Pala rappresentante San Francesco
Cappella attigua Due quadri
Cappella attigua: Pala rappresentante La Concezione
Cappella attigua: Pala rappresentante San Pietro d'Alcantare
Cappella di Sant'Antonio: Pala rappresentante Sant'Antonio - due quadri
Cappella seguente: Pala rappresentante Santa Margherita da Cortona
Cappella seguente: La Beata Vergine Maria. Proprietà della famiglia Padovani
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È proprio da questo inventario che possiamo farci un'idea almeno approssimativa di come si presentava l'interno della quattrocentesca chiesa, che era ad aula unica, probabilmente divisa in cinque o sei campate (archi-diaframma?), sul tipo della Pieve se pure ben più grande e con le cappelle a sfondare le pareti laterali. Proviamo a ripercorrerne il perimoetro, cercando di individuare dove possibile la collocazione originaria dei dipinti che si sono conservati, sopravvivendo alla distruzione dell'edificio che li conteneva.

Anzitutto il coro, al fondo dell'abside di forma quadrangolare, era dominato dalla grande pala dell' "Annunciazione", firmata da Pietro Giacomo Barugo (1582?-1630) e datata al 1609, oggi conservata nella chiesa maggiore della Pieve, sulla prima campata a sinistra dell'ingresso. Il quadro era stato in realtà dipinto su incarico dei frati Gerolamini di Brescia per la chiesa cittadina delle Grazie, dove sarebbe stato destinato al coro tra l'organo e la pala maggiore; a quei frati però il quadro non piacque e si rifiutarono di pagarlo, per cui il pittore, dopo aver intentato loro causa e averla perduta, intorno al 1612 dovette trovare nuovi compratori nei Minori Osservanti di Quinzano (Prestini 1999). L'inventario parla anche di due pitture ovali raffiguranti due Evangelisti, che potevano essere appese sui lati del presbiterio, ma al momento non sappiamo che fine abbiano fatto.

A queste notizie possiamo aggiungere il dettaglio, testimoniato da Giovanni Gandino (Alveario, p. 233), che «in questo Convento di Santa Maria le sedie del choro», ossia gli stalli dietro l'altare maggiore per la preghiera comune dei frati, erano stati realizzati dall'artigiano quinzanese Gian Giacomo Manente detto Fafesta (+1646). Senza contare che nel vasto presbiterio doveva anche campeggiare l'organo fornito nel 1585 dalla bottega bresciana di Graziadio e Costanzo Antegnati (su cui abbiamo già avuto modo di intervenite: vedi qui).

La lista degli arredi sopravvissuti nel 1805 procede poi individuando i dipinti custoditi cappella per cappella: dobbiamo supporre che, come accadeva all'epoca quasi sempre, l'ordine con cui sono considerati gli altari della chiesa procedesse dal lato destro (cornu evangelii, lato del vangelo) per chi guarda l'aula dall'altare maggiore, per poi passare al lato sinistro (cornu epistolae, lato dell'epistola), che nella chiesa quinzanese delle Grazie, orientata con l'abside a est, erano rispettivamente i lati settentrionale e meridionale.

Le cappelle del lato nord

Altare di San Francesco

Dunque la cappella dedicata a San Francesco era la prima a partire dal presbiterio sul lato nord: qui si trovavano il quadro e l'altare che oggi sono nella chiesa di San Giuseppe (seconda campata a destra dall'ingresso). La pala, attribuibile con buona probabilità al pittore quinzanese oriundo di Cigole Camillo Pellegrino, raffigura "Il dono del cingolo di san Francesco d'Assisi", ossia san Francesco d'Assisi, circondato dagli angeli, che dona il cingolo a un santo francescano barbuto (alla sua destra, forse il beato Amadeo, fondatore del Convento di Quinzano?) e a santa Chiara (a sinistra), sotto i quali il popolo cristiano è rappresentato dal clero (un papa, un cardinale e un vescovo in prima fila) e dal laicato (un re, due dame e altri dignitari). A questo altare era aggregata una confraternita intitolata al «glorioso santo serafico Francesco», detta anche «del cordone»: il papa Sisto V aveva istituito l'arciconfraternita dei "Cordigeri" ad Assisi nel 1585, che quindi è il termine dopo il quale deve essere stato eretto l'altare nel nostro Convento. È escluso invece che vi avesse sede il Terz'Ordine francescano, e tanto meno che le figure rappresentate alla base del quadro fossero i santi protettori di esso, o che il santo frate con la barba sia Antonio di Padova, come qualche sprovveduto ha creduto bene di individuare (Messali 1998, pp. 12-14).

La soasa oggi esistente, traslata insieme al quadro nella chiesa di San Giuseppe dopo la soppressione del Convento, è un lezioso apparato scenografico tipicamente settecentesco, probabilmente incompleto: oltre ai padri della Chiesa occidentale: Agostino e Ambrogio ai lati della mensa, Gregorio Magno e Girolamo alla base delle colonne, vi sono raffigurati i simboli di due soli evangelisti: Luca e Marco, a reggere due vasi dipinti ai lati del quadro. Questa specie di quinta teatrale sostituisce una cornice di fattura probabilmente analoga a quella dell'altare di Sant'Antonio di Padova conservata oggi alla Pieve, che nella chiesa delle Grazie si trovava nella cappella di fronte (come si dirà più avanti). Il paliotto, se è quello originale, è un'opera di notevole scultura del primo '600, con quattro putti a tutto tondo in grandezza naturale.

La seconda campata sul lato nord conteneva due quadri non meglio precisati, ed era priva di altare: forse ospitava una porta laterale.

Cappella dell'Immacolata

Seguiva poi la cappella dell'Immacolata Concezione, la più sontuosa di tutta la chiesa, cui faceva capo una influente confraternita dello stesso titolo. La pala di quell'altare è il quadro cosiddetto dell' "Albero di Jesse" o "L'Immacolata celebrata dai profeti", firmato e datato da Camillo Pellegrino nel 1588, oggi conservato nella Pieve, sopra la porta laterale nord (prima dei restauri del 1980 era invece sull'altare della campata accanto, mentre sopra la porta si trovava il pulpito attualmente usato come ambone). Su questa cappella e confraternita la documentazione è ampia, e dovremo tornarci in forma più approfondita in altra occasione.

Altare di San Pietro d'Alcàntara (San Diego di Alcalà?)

L'inventario procede poi con l'altare definito di «San Pietro d'Alcantare»: la pala di questo altare poteva essere il quadro (oggi conservato nella chiesa di San Rocco, sulla controfacciata a destra) che raffigura due santi francescani non meglio identificati, forse appunto san Pietro d'Alcàntara e san Pasquale Baylon, il primo con una croce in mano e il secondo che contempla l'apparizione di Maria col Bambino. In effetti, un altro quadro proveniente dal Convento (attualmente alla Pieve nella prima campata a destra, di fronte all'Annunciata), dedicato e datato da fra Antonio Ricca da Pontevico nel 1689 (vedi qui), raffigura i "Santi Diego di Alcalà e Giacomo della Marca" (Locatelli 1980): poteva essere uno dei due quadri della campata adiacente a quella di San Francesco, probabilmente proveniente da un altare di San Diego, noto dalla documentazione e soppresso prima del 1805.

Le cappelle del lato sud

Alle tre cappelle del lato settentrionale dovevano poi corrisponderne altrettante sul lato opposto.

Altare di Sant'Antonio di Padova

A partire dal presbiterio, la prima era dedicata a Sant'Antonio di Padova, che fronteggiava quella di San Francesco: in essa era collocato l'unico altare che si conserva praticamente per intero nella sua forma pressoché originaria alla Pieve (seconda campata a destra, vedi qui). La pala luminosa del "Bambino Gesù in gloria tra l'Angelo Custode e Sant'Antonio di Padova" è opera del pittore bolognese Giovanni Andrea Sirani (1610-1670), la cui firma fu letta ai raggi ultra-violetti in occasione dei restauri del 1981 insieme alla data «1630» (Locatelli 1990). L'ancona lignea, pur deprivata nel febbraio 1986 da un furto della statua della Madonna che aveva sul fastigio, è ancora quella del '600, come pure verosimilmente il paliotto dell'altare con intarsi di marmi screziati rosa, verdi e neri. In questa stessa cappella erano pure collocati, probabilmente sulle pareti destra e sinistra, altri due dipinti che l'inventario non identifica, ma che possiamo riconoscere con sicurezza nei due "Miracoli di Sant'Antonio di Padova": il santo riattacca una gamba amputata e guarisce un cieco, firmati da Carlo Baciocchi nel 1660 (Guzzo 1986), oggi appesi nella prima campata destra della parrocchiale, sotto l' "Ultima cena" di Ottavio Amigoni.

Altare di Santa Chiara

Dell'altare seguente è sopravvissuta purtroppo solo la pala, a firma anche qui di Gian Andrea Sirani nel 1643, raffiugrante "Santa Chiara e la Beata Margherita da Cortona", la prima identificabile perché impugna il consueto ostensorio ambrosiano con l'ostia consacrata; la seconda, vestita dell'abito di terziaria francescana e con un'aureola più modesta di quella della santa (fu canonizzata solo nel 1728), riconoscibile dal cagnolino che scodinzola ai suoi piedi.

Altare della Madonna (Padovani)

Non rimane oggi nulla infine della terza e ultima cappella a sud menzionata dall'inventario del 1805, ossia quella della «Beata Vergine Maria. Proprietà della famiglia Padovani». Sulla dotazione interna di questa cappella di famiglia, oltre alle laconicissime indicazioni tratte dall'inventario del 1805, abbiamo però almeno un'altra informazione: ce la fornisce il cronista Giovanni Gandino (1645-1720), che a p. 103 del suo Alveario cronologico, elogiando il medico Bartolomeo Padovani (1562-1650), sottolinea che costui «restaurò la Capella dell’Altare della sua Famiglia posta nella Chiesa de Reverendi Padri di Santa Maria di Quinzano, come nel frontispicio dell’Arco à volta della medema capella si vede dalle seguenti parolle

Avite Pietati ornatius sacellum restituit Bartholomęus Padovanus Nepos M.D.C.XXX.
(Alla pietà di suo nonno il nipote Bartolomeo Padovano ricostruì un sepolcro più decoroso nel 1630).

Nella Pilastrata pure alla sinistra del detto Altare si vede una Pietra nera delle seguenti sue parolle ad oro incisa.

Deo Optimo Maximo.
Barbarę Calzavelię
Religione, Pietate, Prudentia Conspicuę
Bartholomęus Paduanus Caroli Filius
Matri ac Nutrici
Monumentum Posuit Ꝏ D.C.XXiij
».
(A Dio ottimo massimo. A Barbara Calzavelia, singolare nella devozione, pietà, prudenza, sua madre e nutrice, Bartolomeo Padovano figlio di Carlo pose questo monumento nel 1623).

Cappella del Crocifisso (Pizzoni)

In più, lo stesso cronista (p. 270), a proposito di un certo Paolo Pizzoni (+1601), suo lontano parente, afferma che «fu quello che col proprio eresse l’Altare nella Chiesa di Santa Maria del Convento delli Padri di Quinzano, con la palla effigiata del Crocifisso sopra cui in un angolo della medema appare anco la lui effigie in atto orante con la soscritione del lui nome, dell’anno dell’eretione “Iussu Pauli Pizzoni 1602. Camillus Peregrinus Fecit”».

Questa cappella del Crocifisso, donata per testamento dal Pizzoni e dotata di una pala della Crocifissione con un suo ritratto in atto di donatore, firmata e datata da Camillo Pellegrino nel 1602 è oggi anch'essa interamente perduta; poteva trovarsi lungo la parete meridionale della chiesa, forse in corrispondenza della campata settentrionale dotata dei due quadri non descritti. Non può sfuggire, comunque, che il dipinto menzionato dal Gandino sarebbe la terza opera del pittore Camillo Pellegrino presente con certezza in questa chiesa.

Del resto, è lo stesso Gandino che nell'esordio del suo zibaldone, descrivendo ordinatamente le chiese di Quinzano afferma che era «la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, di un solo arco a volta e nove altari, con la spaziosa piazza avanti, dedicata all’Annunziata», dal che si deduce che, oltre all'altare maggiore, nei secoli XVII-XVIII il tempio minorita era dotato di altri otto altari, quattro per ogni lato, di cui nel 1805 – come si è visto – ne sopravvivevano ormai solo sette.

Allo stato delle conoscenze, per il momento, non è possibile determinare altro su questa illustre e sfortunata chiesa conventuale quinzanese.

tc (aprile 2022)

Riferimenti documentari e bibliografici

  • Gandino, Giovanni, Alveario cronologico, ms dell'inizio sec. XVIII (proprietà fam. Gandaglia, Quinzano)

  • [Bogarelli], don Luigi, 2022
    "Tracce di francescanesimo a Quinzano", La Pieve, a. 50 n. 2, marzo-aprile 2022, pp. 22-23
  • Boselli, Camillo, 1960
    "Gli elenchi della spoliazione artistica nella città e nel territorio di Brescia nell'epoca napoleonica", Commentari dell'Ateneo di Brescia per l'anno 1960, p. 318 [pp. 275-325]
  • Casanova, Tommaso, 2010
    “Uno degli ultimi quadri di Quinzano ancora inediti nella chiesa di S. Rocco. I santi Diecimila crocifissi”, L’Araldo Nuovo di Quinzano, a. 17 n. 185, settembre 2010, pp. 4-6 (ora ripubblicato in questo sito: "I "Santi Diecimila crocifissi” delle Dimesse")
  • Guzzo, Enrico Maria, 1986
    "A proposito del patrimonio d'arte di Quinzano d'Oglio. I 'Miracoli di S. Antonio' di Carlo Baciocchi", La Pieve, a. 15 n. 8, settembre 1986, p. 16
  • Locatelli, Angelo, 1980
    “Quinzano: opere d’arte al restauro”, Bresciaoggi, 26-11-1980; poi La Pieve, a. 9 n. 12, dicembre 1980, p. 4
  • Locatelli, Angelo, 1990
    “L’Angelo custode e sant’Antonio di Padova”, La Pieve, a. 19 n. 1, gennaio 1990, p. 24
  • [Messali, Bruno, (a cura di)], 1998
    La chiesa di S. Giuseppe a Quinzano d’Oglio, Supplemento a La Pieve, a. 27 n. 5, maggio 1998, Quinzano, Parrocchia dei SS. Faustino e Giovita, pp. 30
  • Prestini, Rossana, 1999
    "Petrus Jacobus de Barucchis pictor. Notizie da un processo", Brixia Sacra, s. 3 a. 4 n. 1-2, aprile 1999, pp. 71-86