Cento anni di carità: le Ancelle alla Casa di Riposo

Nella triste circostanza della partenza delle nostre suore dalla Casa di Riposo, vogliamo ripercorrere insieme cento anni di storia della loro comunità in mezzo a noi, perchè rimanga per sempre nel cuore di tutti i quinzanesi la loro completa dedizione all'opera caritativa e umanitaria compiuta nell'umiltà e nel silenzio a favore di tutta la popolazione, ma soprattutto dei poveri, dei bisognosi, degli ammalati, degli anziani, di tutti coloro che nel dolore hanno chiesto il loro aiuto, nel nome della carità di Cristo.

Nasce l'Ospedale Civile

II conte Giulio Padovani, nato nel 1809, deputato al Parlamento e più volte Consigliere Provinciale, legò il suo nome alla storia di Quinzano soprattutto per la sua opera caritativa in favore dei poveri e per l'assistenza ai colerosi durante le epidemie del 1855 e del 1867, per cui fu amato da tutti e chiamato «padre dei poveri».

Alla sua morte, avvenuta il 4 agosto 1878, lasciò tutti i suoi averi e la sua stessa casa nella via che oggi porta il suo nome, perché si aprisse in Quinzano l'«Ospedale dei poveri», la cui direzione, per suo stesso desiderio, doveva essere affidata alle monache.

Erano già molti i lasciti da parte di pii benefattori in favore dell'erigendo ospedale: al primo, di don Giambattista Bave del 14 aprile 1796, ne erano seguiti circa una ventina nel giro di ottant'anni. Ma soltanto grazie al testamento del conte Padovani la locale Congregazione di Carità procede agli adempimenti necessari, ed entro due anni sorge l'Ospedale Civile, conforme alle leggi allora vigenti, eretto in ente morale con decreto del 29 febbraio 1880, firmato dal re Umberto I e dal Presidente del Consiglio Agostino Depretis.

Per più di un decennio, però, si ignora la volontà del testatore di affidame la direzione alle suore, e si assume personale a pagamento ogniqualvolta ve ne sia necessità.

È interessante frugare negli archivi alla ricerca di documenti e di notizie che possano illuminarci in proposito. Nell'Archivio Comunale di Quinzano abbiamo rintracciato il Progerto di Statuto Organico dello Spedale Civile di Quinzano d'Oglio,datato 19 maggio 1879, con cui la Congregazione di Carità responsabile dell'ente, presieduta dal sacerdote Giovanni Battista Salvatti, fissava gli indinizzi e le indicazioni concrete per l'erezione dell'opera. Il progetto, sottoposto all'attenzione della Amministrazione civica il 4 ottobre successivo, al capo 5 "Impiegati", articolo 13 dice:

«[...) pel servizio speciale degli ammalati vi sono:
1*. Due Cappellani che si adopereranno nella loro santa missione per turno e saranno di regola i due Curati del Paese.
2*. Tre preposte alle intermerie che potranno essere Monache. [...]».

L'anno dopo si stese anche un regolamento, approvato dalla Prefettura di Brescia il 16 novembre 1880 e stampato col titolo Regolamento di Amministrazione ed ordine interno dell'Istituto Ospitale in Quinzano d'Oglio (Brescia, Apollonio, 1881), nel quale si legge al capitolo VII “Delle Suore":

«Art. 33. - In adempimento del desiderio espresso dal Cav. Padovani Giulio nel suo testamento col quale chiamò erede di tutta la sua sostanza mobile e stabile la Congregazione di Carità locale, imponendole l'obbligo di istituire l'Ospitale nella sua casa civile, per l'assistenza degli ammalati e per l'ordine interno dello Stabilimento sono ammesse le Suore di Carità colle seguenti attribuzioni:
1. Una Superiora incaricata della sorveglianza generale dello Stabilimento per le provviste in dettaglio, per il controllo di quanto viene fornito dai provveditori. Essa eseguisce le deliberazioni prese dalla Congregazione di Carità, e riferisce giornalmente al Presidente tutto ciò che ha relazione colle sue incombenze, eseguendone le istruzioni o gli ordini, ed al Medico di turno ciò che riflette il servizio delle infermerie ed i bisogni speciali degli ammalati.
Avverte in tempo il Presidente o la persona cui è delegato l'ufficio d'Economo per le necessarie provviste.
2. Una Suora incaricata specialmente dell'assistenza all'infermeria delle donne. Essa accompagna sempre il medico durante le visite, ne riceve gli ordini e provvede perché siano puntualmente eseguiti. Questa ha pure la speciale incombenza di guardarobiera.
3. Una Suora per l'assistenza alla cucina. Essa disimpegna le mansioni che le vengono affidate dalla Superiora.
Art. 34. - Le Suore dipendono immediatamente dalla Superiora.
Art. 35. - Le Suore non sono stipendiate. Prestano servizio per sentimento di carità, e viene loro corrisposta un'annua gratificazione di £ 75 per cadauna a titolo di rimborso per le spese di corredo personale».

Le suore all'Ospedale

L'Ospedale Civile fu inaugurato domenica 3 agosto 1879, alle ore cinque e mezzo del pomeriggio, come risulta da un invito del Presidente rivolto al Sindaco e alla sua Amministrazione, conservato in Archivio Comunale.

Tuttavia, fino al 21 maggio 1891 non v'è traccia di suore all'Ospedale di Quinzano. In tale data si tenne una seduta piuttosto tempestosa della Congregazione di Carità, presieduta dall'ingegner Giuseppe Nember e costituita dal cavalier Ambrogio Vertua, dall'ingegner Gerardo Cò, e dai signori Giovan Battista Bertoletti e Gaetano Olcese. Di questa riunione conosciamo lo svolgimento dal verbale, redatto dal segretario signor Eugenio Cò.

Al primo punto nell'ordine del giorno si tratta l'argomento: «Direzione dell'Ospitale da affidarsi alle Monache». La discussione è molto vivace e, dopo un agitato battibecco tra il Vertua, che preme per l'assunzione delle suore, ed il Nember, che tenta di differirla, si conclude a maggioranza per il sì: 

«[..]L'adunanza unanime delibera: 1°. di adottare in via di massimna che il servizio dello Spedale venga affidato alle Monache, incaricando il Cav. Vertua di fare le pratiche opportune e riferire sulle eventuali pretese delle medesime e sulle altre domande o proposte riferibili all'alloggio, etc. [...]».

E, infatti, all'Archivio della Casa Generalizia delle Ancelle di Brescia ci è stato gentilmente concesso di consultare una lettera autografa del Vertua, indirizzata ad un «Venerabile Prelato», il 1 giugno 1891. Dice testualmente:

«[...] Finalmente I'Amministrazione della locale Congregazione di Carità é costituita, ed ha incaricato me quale altro de' suoi membri, di fare le pratiche opportune, ad ottenere al nostro Ospitale le Suore, desiderio ch'io nutro da tanto tempo.
lo non sò cosa fare di meglio che. rivolgermi a Lei sempre tanto premuroso per ogni buona cosa. perché colla ben meritata sua intluenza,procuni ai nostri ammalati oggi nelle mani d mercenari, cotanto beneticio.
Come già Le dissi,quand'ebbi l'onore di pariarLe, il nostro Ospitale non ha grandi rendite,e quindi gradiremmo che per ora le Monache fossero due con tacoltà di sciegliersi una donna di loro tiducia, e che tolto quel tanto necessario al loro vestito, vivessero libere nell'Ospitale, cercando di fare il maggior bene possibile, con quanto possiamo disporre.
Fra non molto io penso che,ci faranno bisogno tre Monache, poiché nell'Ospitale intendiamo di aggiungere almeno quattro letti pei cronici, con sussidi già votati dal Comune per questo scopo, e con quanto potrà dare l'Istituto Poveri. [...]».

Fu così che il 15 giugno 1892 approdarono a Quinzano Madre Giuseppina Ginelli con un'altra giovane suora e si stabilirono nel locale Ospedale Civile, fondando una prima piccola comunità, a cui qualche anno dopo si aggiunse una terza suora, esattamente come dettava il regolamento interno. Ma l'impegno loro richiesto era esorbitante e, tra ammalati acuti e cronici, e tutte le altre necessità dell'lstituto, le tre suore erano veramente sovraccariche di lavoro. Ecco dunque, il 5 settembre 1898, una lettera della Superiora Generale Madre Felice Passi all'Amministrazione  dell'Ospedale quinzanese:

«La sottoscritta chiede venia se si fa ardita di rappresentare alle SS. LL. come essendosi notabilmente aumentato il lavoro in cotesto Ospitale, le tre suore che da principio bastavano al disimpegno di tutte le relative faccende, ora sono troppo aggravate di lavoro, né possono accudire a tutto, obbligate perciò ad ommettere ora un dovere or l'altro dei meno importanti, per soddisfare a quelli che sono di maggiore urgenza.
Quindi la sottoscritta cui incombe l'obbligo d'informarsi sul come vengono disimpegnate le mansioni affidate alle sue figlie, trova di dover pregare cotesta onor. Amministrazione a voler assumere una suora in più perché venga esattamente eseguita ogni incombenza affidata a coteste Ancelle, né desse siano troppo aggravate di lavoro con pregiudizio della loro salute. [...]».

A questa lettera fa seguito un verbale di riunione del 15 settembre 1898 e una successiva lettera del Presidente Giuseppe Nember alla Superiora Generale delle Ancelle, datata 19 settembre, nella quale tra l'altro si comunica che la Congregazione di Carità «ha deliberato di non accogliere la domanda della S.V. Rev. per ragioni puramente d'ordine economico».

Cosi, per il momento, non si assume la quarta suora.

In compenso, però, il 13 gennaio 1910 giungono a Quinzano altre quattro suore: due per dedicarsi all'Asilo e due alla scuola di lavoro e all'Oratorio; il 4 maggio 1919, poi, ne giungono altre due per essere assunte come operaie nel calzificio Ciocca. Queste nuove suore, tutte Ancelle della Carità, danno origine a una seconda comunità, distinta dalla prima, presso l'Oratorio femminile di via Cirimbelli fino al 1974, quando si sono trasferite nel nuovo Oratorio, negli stessi locali del vecchio Ospedale.

Le Superiore dell'Ospedale

All'Ospedale Civile, la prima superiora Giuseppina Ginelli rimane dodici anni, fino al 1904, quando viene sostituita da madre Adriana Coloni (1904-1930). La terza è Madre Eudossia Vitali (1930-1933); la quarta è Madre Letizia Emmanuelli, che vi rimane un solo anno, dal 1933 al 1934; a lei segue madre Maddalena Miorini dal 1934 al 1940.

Poi, per ventott'anni l'Ospedale è nelle mani di Madre Eulalia (Laura) Aceti (1940-1969), la donna forte e decisa che, durante gli anni tragici della guerra, salva il paese dalle rappresaglie nemiche nascondendo nelle stanze più segrete alcuni soldati tedeschi uccisi, per evitare nuovi spargimenti di sangue. La sua silenziosa e tenace opera di amore le ha meritato la riconoscenza perenne dei quinzanesi, che a lei hanno dedicato la via che conduce alla nuova Casa di Riposo, onorando così insieme anche tutte le altre suore che prima e dopo di lei hanno consumato la vita a servizio dei sofferenti in Quinzano.

Dopo la guerra, con le nuove scoperte scientifiche e l'enorme progresso della medicina moderna, pian piano gli ospedali si trasformano e si modernizzano, ma l'Ospedale di Quinzano non è in grado di acquistare costosissime attrezzature e di adeguarsi ai tempi: si limita, perciò, ad accogliere e assistere le partorienti nel reparto maternità, pur continuando senza interruzione la sua attività di servizio e di assistenza agli anziani e ai cronici.

Dopo la morte di madre Aceti, il 6 dicembre 1968, fu la volta di madre Leonida Peri (1969-1980): con quest'ultima, però, è già chiusa la sala maternità (1966 circa), mentre nel 1970, durante la sua direzione, l'Ospedale viene trasformato per dcisione del Consiglio Comunale nella Casa di Riposo "Villa Giulio Padovani", con la conseguente modofica dello Statuto. Ancora lei deve gestire il trasferimento dall'antica sede in via Padovani alla nuova Casa-Albergo, costruita nel 1971-1972, al limite del paese verso la valle dell'Oglio.

Dopo di lei vi rimane per un anno madre Irene Bellagente (1980-1981): segue, ultima, madre Rosalbina Santini, l'attuale, a cui tocca il triste compito di chiudere l'attività delle Ancelle nell'antico Istituto, insieme con le consorelle suor Emilia (che è a Quinzano dal 1953), suor Palmira, suor Veronica, suor Battistina.

A tutte loro rivolgiamo il nostro accorato saluto. 

Addio, sorelle, amiche degli ammalati, degli anziani, dei poveri, che sempre vi siete prodigate generosamente per tutti, senza chiedere nessuna ricompensa, che vi siete chinate con amore su ogni persona sofferente, riconoscendo in lei il volto di Cristo, ricevendone in cambio talvolta sgarbi e insulti, e avete saputo perdonare e ricambiare col bene chi vi portava del male. 

Come potremo dimenticarvi? Dimenticheremo forse la bonta e l'affettto con cui ci accoglievate quando venivamo a trovare i nostri vecchi e i nostri ammalati? Dimenticheremo i canti e le preghiere recitate insieme ogni mese nella vostra raccolta cappella, attorno al vostro altare, che ci davano tanta gioia e tanto conforto nelle nostre croci e sofferenze quotidiane? Dimenticheremo, noi mamme, la cura e l'assistenza prestata a noi e ai nostri figli quando aprivano gli occhi alla luce e voi per prime li accoglieva te nelle vostre braccia?

Noi vi diciamo un grazie sommesso, che viene dal cuore: ma il nostro grazie conta poco. Il bene da voi fatto rimane per sempre nelle mani di Dio. che vede nel profendo dell'uomo e sa giudicare i pensieri e le azioni. E lui vi dirà il suo grazie.

Il distacco è doloroso, fa soffrire e piangere, ma salutiamoci con le parole del Manzoni, che dicono la sua fede e la sua speranza che e anche la nostra: «Addiol Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per preparame loro una più certa e più grande»'.

Gesuina Bergamaschi
(La Pieve, a. XVIII n. 10, dicembre 1989, pp. ??)

Riferimenti documentari e bibliografici

  • Quinzano - Archivio Comunale: faldoni Culto Beneficenza Scuola, ad annum
  • Archivio della Casa Generalizia delle Ancelle della Carità - Brescia

  • Fappani, don Antonio, 1964, Quinzano nella storia, Quinzano, 1964
  • Fappani, don Antonio, 1972, “Un po' di storia. L'assistenza ospedaliera a Quinzano" e "Il conte Giulio Padovani", La terza età, Numero Unico,1 marzo 1972, pp 8-9
  • Fappani, Antonio - Locatelli, Angelo, 1986, Quinzano d'Oglio: Novecento, Quinzano,Marini,1986