Le consacrazioni della chiesa parrocchiale

bussole e ballotte 1Quando si dice: le coincidenze. Non era ancora uscito il nostro ultimo articolo (ottobre 1996), dove si accennava al dilettantismo dilagante di certi storici nostrani, che a qualcuno viene in mente di inventarsi di punto in bianco un anniversario. E non un anniversario qualsiasi: niente di meno che il quinto centenario della consacrazione (o ricostruzione, non ho ben capito) della nostra chiesa parrocchiale.

Ora, non vorrei sembrare il solito pignolo che sta lì a mettere i puntini dove ci vanno e anche dove non ci vanno: se uno vuol far festa, faccia pure tranquillamente tutte le feste che crede. Mi sembra, però, che non ci dovrebbe essere ragione per scomodare la storia ad uno scopo così facile da conseguire in altro modo; e scomodarla, per giunta, interpretando – diciamo così – estensivamente i dati, che sono pochi ma, almeno in questo caso, ci sono e sono ineccepibili.

La consacrazione del 1625

Esiste in effetti un importante documento, che tenevo in serbo per altra occasione, ma mi trovo ora sollecitato a proporrlo ai lettori di questa rubrica per la sua implicazione con l’argomento. Si tratta del verbale notarile di consacrazione della chiesa parrocchiale quinzanese, celebrata il 19 giugno 1625.

L’atto, in realtà una minuta, è rogato da Scipione Gandino (1559-1638), e se ne conserva copia tra le carte di questo notaio, preziosissima guida alle nostre incursioni nel secolo XVII. È stilato sulle prime due facciate di un foglio, che raccoglie nella terza e quarta pagina un verbale analogo del 15 giugno, relativo alla consacrazione della chiesa cappuccina di Santa Maria della Concezione in territorio di Verola Alghisi (Verolanuova), oggi non più esistente dopo esser stata rasa al suolo con il vicino convento nella prima metà del secolo XIX.

Il celebrante di questa prima consacrazione è lo stesso incaricato dal vescovo di Brescia, mentre il verbale è sottoscritto congiuntamente dal notaio verolese Bartolomeo Marino e dal nostro Scipione Gandino. Possiamo pensare che il delegato vescovile si sia recato in zona per adempiere alle due consacrazioni, cominciando da Verola, dove probabilmente risiedette presso il convento cappuccino. Il notaio quinzanese avrebbe assistito a quella consacrazione per verificare le procedure legali che avrebbe poi dovuto applicare quattro giorni dopo in San Faustino: non erano cerimonie, quelle, che si tenessero troppo di frequente neppure allora.

Il verbale ufficiale

Ma, occupiamoci dell’atto di Quinzano. Essendo un verbale ufficiale e solenne, fu stilato come d’uso in lingua latina: per il suo valore storico, abbiamo creduto meritasse di essere pubblicato in allegato nella sua forma originale e integrale, mentre ne diamo comunque qui di seguito una sintesi.

Il titolo recita: «Consacrazione della chiesa parrocchiale dedicata ai gloriosi santi martiri Faustino e Giovita di Quinzano».

Nell’anno del Signore 1625 (indizione ottava), il giorno dei Santi martiri Gervasio e Protasio giovedi 19 giugno, nella chiesa dei gloriosi Santi martiri Faustino e Giovita, entro le mura del castello di Quinzano in contrada della Parrocchia, sotto il pontificato del papa Urbano VIII. 

Il reverendissimo don Michele Verolio (così nel manoscritto) vescovo di Zacinto e Cefalonia, delegato dal vescovo di Brescia Marino Giorgi (o Zorzi), consacrò la chiesa e il suo altare maggiore a onore di Dio e dei Santi Faustino e Giovita, secondo il rito del Pontificale Romano. Nel mezzo dell’altare maggiore sulla sommità («in vertice dicti Altaris») depose devotamente le reliquie dei Santi martiri Massimo e Oliva, concedendo indulgenza di quaranta giorni ai fedeli che visiteranno la chiesa nel giorno anniversario della consacrazione.
Il rito si svolse alla presenza di alcuni dignitari ecclesiastici: don Giovanni Battista Lazzaroni, degnissimo arciprete della pieve di Quinzano (1624-1631); don Rizzardo Capitani, arciprete di Bagnolo; don Giulio Zerlini, prevosto della collegiata di San Lorenzo di Verola Alghise; don Domenico Vertua, cappellano dell’altare del Santissimo Sacramento di Quinzano. In rappresentanza della nobiltà locale assistevano il medico don Bartolomeo Padovani, e don Giovanni figlio del cavalier don Claudio Pischera; per la pubblica amministrazione c’era ser Francesco Bertoglio, uno dei consoli del mese di giugno (i consoli, due per mese, esercitavano le funzioni che oggi sono del sindaco); per la cittadinanza c’erano ser Giulio Gonzino, ser Giovan Francesco Vertua e ser Domenico Guadagno di Quinzano.

Curioso il fatto che il solenne rito si svolse «non magna multitudine astante», cioè alla presenza di pochissima gente: una faccenda quasi privata.

Iscrizioni commemorative

Allegati alla copia del verbale figurano alcuni foglietti, non tutti di chiara interpretazione. In uno di essi, tra l’altro, si annota la bozza di una epigrafe latina (epitafio) da collocarsi sopra la porta principale della chiesa a memoria dell’evento. Ecco il senso del testo:

«A Dio Ottimo Massimo. Il reverendissimo don Michele Verolio vescovo di Zacinto e Cefalonia dell’ordine dei Minori Conventuali di San Francesco, per incarico dell’illustrissimo e reverendissimo don Marino Giorgi vescovo di Brescia Duca Marchese e Conte (questo era il titolo araldico spettante al nostro vescovo nei secoli passati) consacrò questa chiesa e l’altare maggiore a onore di Dio della Vergine Maria e dei Santi martiri Faustino e Giovita. Quinzano 19 giugno 1625».

Non saprei dire se l’epigrafe fu veramente realizzata, e in quei temini; certo in sacrestia esiste tuttora una tavola lignea dipinta a somiglianza di una lapide, con testo pure latino, che significa:

«A Dio Ottimo Massimo. La consacrazione di questa chiesa prepositurale sotto il titolo dei Santi Faustino e Giovita fu fatta da Michele Veralio (!) vescovo di Zacinto, delegato dal nostro ordinario Marino Giorgi, il giorno 19 giugno 1625».

La definizione di chiesa "prepositurale" per San Faustino rimanda al titolo di "prevosto", attribuito al parroco di Quinzano soltanto verso la fine del ‘700. Se dunque si tratta di una copia dell’iscrizione originaria, fu adattata alle circostanze mutate dell’epoca in cui venne composta. Credo piuttosto che sia un compendio della lapide primitiva, realizzato forse dopo che essa venne per qualche ragione perduta o distrutta.

La delibera del Comune

Assai più generoso di informazioni è, invece, il testo (italiano questa volta) di un secondo foglietto allegato all’atto notarile principale. Vergato sempre dal solito notaio, ha tutta l’aria di essere l’estratto di una delibera del consiglio comunale. È privo di data, ma la situazione che rappresenta sembra essere quella dello stesso giorno 19 giugno 1625: infatti vi si dichiara la presenza di monsignor Michele Verolio «qual de presente [...] si ritrova à Quinzano per suministrarvi il Santissimo Sacramento della Cresma».

Dunque il vescovo di Zante si era recato a Quinzano per amministrarvi le cresime a nome del vescovo ordinario di Brescia. A questo punto il consiglio del Comune si riunisce e delibera a maggioranza (21 voti a favore contro 3) di chiedere al prelato che consacri la chiesa dei Santi Faustino e Giovita. Le ragioni sono diverse: non si trovano documenti che dimostrino una precedente consacrazione; peraltro la chiesa è stata riedificata di recente, e nel corso dei lavori vi sono stati introdotti cariaggi e bestie per il trasporto dei materiali edilizi necessari alla costruzione: soprattutto questo comportamento, profano se non profanatorio, consiglia gli amministratori di proporre una riconsacrazione del luogo di culto.

La votazione segreta è celebrata nel modo consueto al tempo, per «bussole e ballotte»: ogni consigliere disponeva di una piccola biglia (balla o ballotta); l’urna era divisa in due parti (bussole o bissole): una posteriore di colore bianco per il voto affermativo e l’altra anteriore nera (o rossa) per il negativo: a turno i votanti ponevano attraverso il manicotto dell'urna la biglia dalla parte del voto affermativo («in bissola bianca») o negativo («in bissola negra»). L’eventuale astensione, peraltro piuttosto rara, sarebbe stata espressa deponendo la biglia sul banco della presidenza, come risulta da altri documenti.

Di passaggio, ci piace ricordare che nell’archivio del Comune di Quinzano sono ancor oggi conservate due bussole lignee sei-settecentesche per le votazioni, dotate entrambe di un manicotto superiore, per poter infilare nell’urna la mano chiusa a pugno con la biglia.

Provvedimento improvvisato?

Rivediamo ora puntualmente le indicazioni della nota consiliare, cominciando dalla dichiarazione che il vescovo Verolio si trovava già in Quinzano per le cresime al momento della riunione civica. Mi sembra abbastanza difficile immaginare che la decisione di fargli consacrare la chiesa parrocchiale sia stata presa così, sui due piedi, mentre il prelato stava cresimando. È probabile, invece, che se ne sia dibattuto almeno dal giorno 15 giugno, quando si era svolta la consacrazione della chiesa dei Cappuccini di Verola Alghisi, o anche prima, come prova il fatto che il notaio comunale Gandino partecipa alla stesura dell’atto relativo a quel rito e ne conserva copia, senza averne apparentemente altra ragione se non la semplice documentazione delle procedure legali.

Potrebbe essere che una eventuale assemblea civica precedente abbia sollevato la questione, delegando il notaio a predisporre gli atti ufficiali e riservando la ratifica definitiva della delibera all’ultimo momento. Una ricerca più dettagliata nell’archivio storico del Comune potrebbe portare qualche ulteriore chiarimento.

Un particolare, comunque, non sarà sfuggito al lettore attento: a preoccuparsi di organizzare la consacrazione (o riconsacrazione) della chiesa parrocchiale e a deliberarla non è, come parrebbe ovvio a noi, l’arciprete o il clero del paese, ma il consiglio comunale. E ciò è ancora più evidente se si fa caso come sia sempre il medesimo consiglio a darsi pensiero della profanazione dovuta agli animali da carico introdotti nel luogo sacro, e a ricercare documenti di una eventuale consacrazione più antica.

Il ruolo del Comune

Il fatto non deve stupire, visto che, fino alla soppressione dei patrimoni ecclesiastici durante l’invasione napoleonica del primo decennio dell’ottocento, gli edifici di culto e i loro beni erano per la maggior parte di proprietà laicale, delle comunità o di famiglie private.

Abbiamo già avuto modo in precedenti articoli di verificare come le nostre chiese minori, quali la Disciplina o San Rocco, fossero amministrate dalle confraternite laicali o dalle vicinie, cioè le associazioni degli abitanti di una contrada o un quartiere.

In particolare, poi, le chiese maggiori (le cattedrali in città, le pievi e le chiese parrocchiali nei paesi del contado) erano da tempo immemorabile di pertinenza pubblica, e pertanto venivano gestite dai Comuni, essendo a tutti gli effetti di loro proprietà. Tutto ciò che vi veniva operato sul piano edilizio o artistico era di esclusiva competenza della amministrazione civile, mentre al beneficio parrocchiale (ossia al parroco che ne era il titolare) toccava per legge canonica la semplice cura dell’altare maggiore. In effetti, se si vogliano intraprendere ricerche su strutture edilizie o elementi dell’arredo ecclesiastico come altari, dipinti, organi, campanili o silmili, occorrerà far riferimento agli archivi dei Comuni o dei privati, mentre in quelli parrocchiali ben difficilmente si troverà documentazione sistematica in proposito, almeno fin quasi alla metà del secolo XIX.

Non sfugge a questa consuetudine la chiesa di San Faustino in Quinzano che, da quando divenne stabilmente parrocchiale, fu sottoposta in varie epoche a migliorie architettoniche e artistiche sempre curate dal Comune sotto ogni profilo, dalla deliberazione e progettazione, alla attuazione e al pagamento delle spese. Uno di questi interventi edilizi, pare di notevole impegno non solo finanziario, è appunto quello cui allude la delibera del 1625.

L’archivio comunale antico conserva un quaderno dal titolo Registro de la spesa de la torre e chiesa del comune di Quinzano, di cui Piero Gandaglia ha stilato tempo fa un compendio. Da esso (come anche da Pizzoni 1640, p. 34) risulta che tra il 1604 e il 1611 furono compiute impegnative opere per l’ampliamento del coro (presbiterio) parrocchiale e la ricostruzione della torre che minacciavano rovina. Sono certo questi i lavori di cui si parla nell’appunto del 1625, quando si afferma che la chiesa: «sia sta fabricata de novo et che vi siano sta condotte dentro delle bestie nel condurvi quadrelli et altri materij de cose pertinenti alla fabrica».

La consacrazione del 1502

I deputati comunali si domandavano anche se mai vi fosse stata prima d’allora un’altra consacrazione, «stando che non si ritrova memoria alcuna che detta Chiesa Parrochiale sia sta consecrata».

In realtà ben due autori antichi ci rivelano che la chiesa di San Faustino era già stata consacrata una volta. Anzitutto la fonte principale è il vicario Pandolfo Nassino, che intorno al 1540 scriveva della nostra chiesa (Casanova 1993, pp. 47-48): «Et del 1502 fo consegrata ditta giesia videlicet [=cioè] adi 2 de Zenaro, nel giorno de Domanega qual giorno fiochava et per perochiano [=curato] uno domino pre [=prete] Habel di Rossi de Quinzano, homo costumatissimo». A conferma il cronista riporta a sua volta la propria fonte: «Et questa informatione soprascritta la hebe [=ebbi] da ser Francesco filiolo quondam Zani de Padua». Dati certi e verificati, dunque, se pure non su documenti scritti.

Analoga notizia è riportata dal Pizzoni (1640, p. 20), con aggiunta di altre informazioni e una piccola differenza di data: «il 2 Febraro 1502, [il luogotenente del vescovo di Brescia] vennuto à Quinzano in giorno di Dominica consecrò detta Chiesa concedendo Indulgenza di quaranta giorni a chi visitarà l'Altar Maggiore nel giorno anniversario di detta consecratione, il qual locotenente era Marco Saracho Arcivescovo Naupatense [=di Naupatto] di Paulo Zani Vescovo di Brescia». La fonte del Pizzoni è ancor più attendibile di quella del Nassino: «e l'instromento di ciò fu rogato per Geronimo Savallo Cancelliere Episcopale, che io hò veduto e letto in mano di Vincenzo Mangino Arciprete del mio tempo, che il teneva reposto in uno reliquiario in detta Chiesa».

Apparentemente i due cronisti divergono circa il mese, poiché il primo parla di gennaio e il secondo di febbraio. Ma la questione è presto risolta: il 2 gennaio del 1502 era appunto domenica, mentre il 2 febbraio era un mercoledì; dunque si tratta di una svista del Pizzoni, o forse di un semplice errore di stampa.

Una notizia decisiva ci fornisce, in compenso, Pizzoni a proposito della storia precedente alla prima consacrazione, dicendo che «il 2 Ottobre fu interdetta la Chiesa de Santi Faustino e Giovitta dal locotenente del Vescovo di Brescia peroché per più comodità del popolo ivi amministravano i Sacramenti, se ben non era consecrata». Non dice il 2 ottobre di quale anno, ma deve essere il 1500, o più probabilmente il 1501.

Quella del 1502 era pertanto la prima consacrazione che la nostra chiesa oggi parrocchiale riceveva, e ciò doveva risultare dall’atto ufficiale conservato ancora dal parroco Vincenzo Manzino (1586-1617) tra le reliquie dei santi.

Potrà sembrar curioso che né il Pizzoni menzioni nel 1640 la riconsacrazione del 1625, né i pubblici consiglieri nel 1625 ricordino la copia del documento esistente presso il vecchio arciprete almeno fino al 1617: un problema di incompatibilità tra le parti? Non saremo noi a fare illazioni; occorre, però, ricordare che il libro del Pizzoni tratta minutamente i fatti del paese soltanto fino ai primi decenni del secolo XVII, per poi limitarsi a due o tre superficialissimi accenni. Forse pensava di dedicare agli eventi a lui più vicini un altro libro, in realtà mai realizzato.

Un centenario immaginario

Dunque, abbiamo visto che due furono le consacrazioni certamente celebrate della chiesa quinzanese di San Faustino: la prima il 2 gennaio 1502, da parte del vicario vescovile Marco Saracco vescovo di Naupatto; la seconda il 19 giugno 1625, da parte del francescano Michele Verolio vescovo di Zacinto, quindici anni dopo i consistenti lavori di ricostruzione della parte absidale e della torre, dopo che la chiesa era stata ufficialmente dichiarata parrocchiale del paese nell'anno 1600.

Ma, allora, da che parte può mai venire l’ispirazione di un centenario da celebrarsi oggi? Secondo me l’equivoco potrebbe derivare da una lettura superficiale delle informazioni che il Nassino offre in apertura delle sue pagine relative alla nostra chiesa.

Scriveva il vicario rinascimentale: «Del 1496 sive [=o] del 1497 fo augmentata ditta giesia cioé fo alzata et posta sopra li archoni che sono al presente et per lo Comune consuli et homini de ditta terra fatta la spesa». Mi sembra evidente che si allude a un ampliamento edilizio, consistente a quanto pare nella sopraelevazione del tetto, fatta eseguire dal Comune a proprie spese (la formula «Comune consuli et homini de ditta terra» era nei secoli passati la definizione propria delle istituzioni comunali).

Non si inganni il lettore pensando che gli «archoni che sono al presente» siano quelli che vediamo noi oggi: la chiesa subì nel corso dei secoli modifiche strutturali talmente profonde, da mutarla gradualmente in un edificio del tutto diverso da quello dell’epoca del Nassino. Basti pensare alle ristrutturazioni che in varie riprese per tutto il secolo XVII trasformarono la chiesa a navata unica nel vasto complesso a tre navate che tuttora sopravvive. Delle opere del primo ‘600 abbiamo fatto cenno sopra, ma daremo più spazio a questo stimolante argomento in una prossima occasione.

Resta il fatto che gli episodi del 1496-97 non hanno niente a che vedere con una consacrazione, che – come abbiamo visto – fu compiuta soltanto alcuni anni dopo nel 1502: a questa data si dovrebbe, se mai, far riferimento per promuovere una celebrazione anniversaria, tanto più che si tratta della prima consacrazione documentata della nostra chiesa maggiore. 

Se poi dovessimo fissare centenari per tutti gli interventi più o meno importanti che la chiesa subì nel corso della sua secolare esistenza, saremmo costretti a far festa piuttosto di frequente: una opportunità che a molti potrebbe risultare particolarmente gradita. A questo punto, però, mi parrebbe di poter dare un modesto suggerimento: visto che i fatti storici impegnativi sono tanto rari, proviamoci magari a celebrare la banalità: è una dote talmente diffusa che – possiamo starne certi – compie centenari e anniversari quasi tutti i giorni.

Tommaso Casanova
(L’Araldo Nuovo di Quinzano, a. IV n° 36, novembre 1996, pp. 7-8, con aggiornamenti)

Riferimenti documentari e bibliografici

  • 1625 giugno 19 - Consacrazione della chiesa di S. Faustino

  • Casanova, Tommaso, 1993
    Frammenti di una terra, Quinzano-Bordolano, GAFO - Cassa Rurale e Artigiana di Bordolano
  • Gandaglia, Piero, s.d.
    “La costruzione della torre parrocchiale di Quinzano d’Oglio”, dattiloscritto senza data
  • Pizzoni, Agostino, 1640
    Historia di Quinzano castello del territorio di Brescia, in Brescia, per Antonio Rizzardi (ora in ristampa anastatica a cura del GAFO-Quinzano, 1994)