Affreschi cinquecenteschi scoperti in S. Rocco

s rocco scarlo 01Tra novembre e dicembre 2021 è stato effettuato nella chiesa di San Rocco il restauro dell'altare di San Carlo, l'ultimo a sinistra prima del presbiterio. È un bell'altare incassato in un'umida nicchia del muro, dalla soasa (cornice) settecentesca in marmi rossi e verdi, con capitelli e fregi in stucco e un'arco sormontato da timpano, da tempo in pessime condizioni per colpa delle infiltrazioni d'acqua che poco a poco sbriciolavano gli stucchi. Al centro della cornice campeggia una bella tela di primo '600 con il Crocifisso, affiancato a sinistra da san Firmo, in piedi in veste di giovane soldato con un bianco vessillo fregiato di un vitello rosso; e a destra san Carlo Borromeo, in ginocchio in abitio corale che riceve da un cherubino il pastorale e il galèro (cappello) cardinalizio.

Al momento di asportare la pala, è apparso sul muro posteriore, sotto uno scialbo, un affresco del primo '500, di modesta impronta popolaresca, raffigurante una Natività: la Madonna e san Giuseppe sotto un'alta tettoia, ai lati di un Bambino ora perduto per la caduta dell'intonaco; oltre uno steccato, il bue e l'asino, e poi un ampio paesaggio, mentre a mezz'aria tre angioletti dagli sgargianti colori reggono un cartiglio da cui cantano il "Gloria in excelsis".

Al vedere questa ingenua pittura vengono in mente le parole che nel 1540 Pandolfo Nassino scriveva durante il suo vicariato quinzanese (cfr. Casanova 1993, pp. 41-43), ossia che nell'ottobre di quell'anno in quella chiesa furono decorate le cappelle del Calvario e dei Quattro Dottori, dipinte da Gianfrancesco quondam Bernardino Farinelli, per conto rispettivamente di messer Luca quondam Zanì Pianeri per 10 lire planet, e di un gruppo di devoti per lire 7 planet; e ancora la cappella di San Gottardo, l'unica in qualche modo sopravvissuta fino a noi, dipinta da Gian Cristoforo di maestro Giacomo Pavesi, su incarico del padre e del nonno Agostino. Che il testimone non nomini una Natività potrebbe indicare che essa era già presente sulla parete della chiesa, riedificata nelle forme attuali intorno al 1505. 

s rocco nativita 05Nessuno se ne avrà a male se diremo che l'affresco appena scoperto non è proprio un capolavoro. In compenso è una bella testimonianza di devozione popolare, con un dettaglio che potrebbe renderla un documento storico di un certo interesse: in effetti, all'orizzonte del dipinto, dietro una specie di recinto con un pastore e alcune pecore, si delineano appena percepibili in colore bianco sullo sfondo beige, i tratti di una fortezza, che ha sulla sinistra una rocca circolare affiancata da una muraglia, una torre sormontata da un'antenna, e un altro bastione angolare; sulla destra invece si intravedono edifici, di cui uno rettangolare pare coperto da un tetto, e alla sua destra un'alta torre, forse anch'essa terminante in un'antenna. Questa configurazione, se si esclude il recinto che occupa il centro della prospettiva, assomiglia da vicino allo skyline del celebre affresco del Castello di Quinzano, scoperto negli anni '70 nella casa Cavalli e oggi noto solo dalla polaroid che ne fu scattata all'atto della scoperta. Potrebbe non essere impossibile che il devoto pittore della Natività, o qualcuno che vi intervenne a posteriori, avesse inserito nel dipinto i tratti salienti del castello quinzanese.

Comunque l'affresco fu ben presto coperto per far posto al nuovo altare dedicato a San Carlo, e ciò probabilmente poco dopo la sua canonizzazione del novembre 1610. In realtà, il primo altare realizzato per il santo arcivescovo non fu quello che vediamo ora: esiste infatti un contratto (inedito) del 30 ottobre 1616 in cui i reggenti della chiesa di San Rocco si accordano con messer Luzio (Lucio) quondam Gabriele Guadagno per la doratura di una ancona in legno, col patto che l'artista «sia obligato à lavorarla tutta à oro fino, et sopra esso oro metergli sive fargli quelli colori quali conveniranno à tal opera. Item cum patto che detto messer Lutio sia obligato à far colorir dove andará colorito per pittori eccelenti et colori fini taliter che detti colori et ancona sia ogni cosa in bona et laudabil forma»; e ciò per lire 190 planet, da pagarsi per tre quarti a Natale e il resto entro agosto 1617. Quindi il primo altare dedicato al Borromeo aveva una soasa in legno, che fu dorata dallo stesso artigiano che nel luglio 1615 aveva eseguito un'analoga operazione sull'ancora dell'altare del Santo Rosario che si trova proprio di fronte, e che possiamo ancora vedere al suo posto. È lecito dunque sospettare che anche la primitiva ancona di San Carlo fosse stata realizzata dallo stesso intagliatore Lodovico quondam Manente Manenti da Gabiano, che aveva realizzato già quella del Rosario nel maggio 1612 (cfr. Casanova. 1996i).

s rocco nativita 06La pala dipinta era già quella attuale, anche se all'epoca appariva in forma rettangolare, come la sua gemella del Rosario. Nei decenni successivi le infiltrazioni nella nicchia intaccarono in modo irreversibile la struttura della cornice lignea, costringendo i responsabili a sostituirla, verso la metà del '700, con la soasa marmorea attuale, pensando che fosse più resistente all'umidità. Ma il tempo alla fine ha intaccato anche questa, che ha avuto quindi bisogno dell'intervento dei mesi scorsi.

tc (febbraio 2022)

Ringrazio in particolare Antonio Piccinotti, che mi ha fornito le foto dell'affresco appena scoperto e mi ha suggerito l'osservazione del paesaggio.

Riferimenti documentari e bibliografici

  • 1616 ottobre 30 - Commissione per la doratura dell'ancona di S. Carlo (pdf)
     
  • Casanova, Tommaso, (a cura di), 1993
    Frammenti di una terra. Il paese di Quinzano intorno al 1540 negli appunti di Pandolfo Nassino e nella relazione di Annibale Grisonio, Presentazioni traduzioni e commenti di T.C., (‘I Quaderni del Castello’, 2), Bordolano-Quinzano d’Oglio, Cassa Rurale ed Artigiana di Bordolano - GAFO-Quinzano, pp. 128
  • Casanova, Tommaso, 1996
    "L'altare del S. Rosario in S. Rocco", in L’Araldo Nuovo di Quinzano, a. 4 n. 34, settembre 1996, pp. I-II